I numeri non sono mai coincidenze.
Quando ho aperto gli occhi stamattina, incazzandomi per una varietà di cose che il mio smartphone mi aveva propinato prima ancora che i miei occhi riprendessero a pieno la capacità di vedere, non sapevo che giorno fosse. Intendiamoci, non ho perso il senno, ho solo perso il conto. Non conoscevo la data, ecco. E senza cercare di recuperarla ho iniziato a pianificare le cose da fare. Quello che cerco, in un misto di calma e panico, è una nuova routine. Un nuovo ordine di cose, al cui centro ci sono io. Per cui più mi muoverò, più toccherò parti inesplorate di crosta terrestre.
Almeno così mi dico. Cercando di definire i primi punti fermi di questa storia.
Punto fermo 1. La libertà va domata.
Sono certa che un nuovo ordine di cose vada instaurato perché non credo in una libertà assoluta. Senza regole. Dio, quanto sembra fascista. Bhe, anche il fatto che la frase inizi con una divinità non depone a suo favore. Ma sto divagando. Per poter godere a pieno della libertà bisogna incasellarla, così da non disperderla, da rispettarne i contorni, da darle un senso definitivo. Riconosciuto e riconoscibile. Ogni cosa si riconosce come autentica solo se confrontata con il suo diretto contrario.
Punto fermo 2. I luoghi vanno vissuti.
Tra gli elementi cardine di questa nuova routine ci sono lo spazio e il tempo. Per la gestione delle ore, beh, ci vorrà ancora un po’. Soprattutto perché intendo costruire un’agenda flessibile, che si ordini e si disordini con leggiadria. Ma per gli spazi sento di aver già fatto un passo avanti, trovandone uno che posso raggiungere a piedi, accoglievole, luminoso, umano. E ne farò punto di ritrovo con i caffè, le idee e i pensieri. Per le stagioni a venire.
Punto fermo 3. Le cifre sono storie da musicare.
Tornando a casa ho deciso di scrivere -a mo’ di diario- le sensazioni legate a questo nuovo inizio. E no, non ho riaperto il mac ma ho deciso di farlo alla vecchia maniera.
Ho preso un taccuino nuovo, ho aperto la prima pagina e ho iniziato. Alla fine ho annotato male la data, perché ancora non la conoscevo, e ho guardato meglio cosa stavo usando. Come uno che chiede il nome solo ad appuntamento finito e decide se la storia inizia o finisce così. Perché ogni storia inizia da una fine. E così ho scoperto di aver appena impresso parole a grafite su un 13sedicesimi.
Mica un 13sedicesimi qualunque, ma quel 13sedicesimi. Quello uscito dalla box di Scuola Holden che conteneva il libro Scrivere Civile di Paolo Iabichino. Un 13sedicesimi che dice di essere creativo e razionale, perchè ha un indice e tantissime pagine numerate ma ogni due ne lascia una bianca, per sguinzagliare la fantasia fuori dalle righe. Un taccuino pensato, disegnato, stampato e rilegato a mano a Torino.
Torino. Ma questa è un’altra storia.
C’è qualcosa di magico in tutto questo, penso.
Mentre scopro, spostando il cursore in alto a destra, che è il 28 Agosto.
Che, per una nata il 28 Novembre, dice tanto. Quasi troppo.
A completare la magia, la consapevolezza di aver creato il kit perfetto.
Con qualcosa di nuovo, qualcosa di prestato, qualcosa di regalato.
Only good stories. Dice il 13sedicesimi.
Da qui inizio a sentirne la musica, che quasi detta il ritmo delle parole.
Ecco cosa mancava: ad ogni routine servono spazio, tempo e ritmo.
Il mio sarà un sincopato 13sedicesimi. Che - mi sono informata- esiste.
È semplice ed intuitivo, dicono gli esperti, ha un’anima rock e mi piace l’idea che non sia per principianti.